venerdì 10 giugno 2016

A7V STURMPANZER

Alcuni cenni storici sul soggetto



Il carro armato A7V è stato il primo tentativo tedesco di eguagliare i carri Alleati, che i tedeschi temevano anche se riuscirono a controbattere spesso sfruttandone i numerosi punti deboli.
Ma le sole contromisure verso tale nuova arma, consistenti nell'impiegare proiettili perforanti di piccolo calibro, fuciloni controcarro e soprattutto, l'artiglieria campale a tiro diretto, non potevano ridare ai tedeschi anche il vantaggio dell'iniziativa. Potevano, cioè, soltanto controbattere i massicci e lenti carri dell'epoca da posizioni fisse, mentre nell'offensiva le loro truppe erano comunque vulnerabili alle mitragliatrici alleate, che erano parimenti efficaci rispetto alla controparte tedesca.
Così, per disporre di un mezzo paragonabile, i tedeschi cominciarono a progettare veicoli corazzati e cingolati, capaci di farsi largo tra le minacce tipiche del campo di battaglia.


La progettazione iniziò ben presto, con richiesta datata al 16 novembre 1916, quando il Ministero della Guerra convocò una commissione tecnica adatta a studiare nuovi veicoli capaci di muoversi fuoristrada, trasportando al tempo stesso un armamento e una efficace protezione. La commissione, guidata dall'ingegnere Joseph Vollmer, venne chiamata Allgemeines Kriegsdepartment, 7 Abt., Verkehrswesen. Tale lunga sigla era alquanto impegnativa da pronunciare, per cui non stupisca che venne più semplicemente nota come A7V. Da qui il nome del nuovo carro, il primo tedesco, il Deutsche Gelandeswagen A7V, anch'esso noto semplicemente come A7V.
Si trattava di un mezzo molto semplice, in termini costruttivi. Lo scafo poggiava sopra la cingolatura, aveva pianta grossomodo rettangolare, ma frontalmente la struttura era costituita da 2 piastre a V, per deflettere meglio i colpi. Tutte le parti erano massicciamente imbullonate tra di loro.

L'armamento era costituito da un cannone da 57/26,3 mm corto Maxim-Nordenfeldt, a prua, di preda bellica belga, con la capacità di sparare proiettili da 2,7 kg a 487 m/s per un raggio di 6400 m; due erano i serventi per questo pezzo, mentre per il resto vi erano 6 mitragliatrici MG 08 da 7,92 mm Mauser con una coppia di serventi per ciascuna. Esse sparavano sui lati e in avanti, come anche nel settore posteriore.
Pilota e capocarro erano invece in una sovrastruttura centrale, da cui avevano una buona visuale complessiva. Aggiunti ai 2 meccanici presenti per sorvegliare i motori, portavano il totale dell'equipaggio a ben 18 uomini, cosa mai avvenuta in nessun altro carro armato operativo. La causa era soprattutto data dalla necessità di avere ben 2 serventi per ciascuna delle 6 mitragliatrici, altrimenti sarebbe stato possibile cavarsela con 'solo' 12.
Prima della fine della guerra ne vennero prodotti alcune decine, una piccola quantità, ma che riuscì anche a scontrarsi con i similari veicoli inglesi.
Il primo venne consegnato il 1º ottobre 1917, ed entrò in servizio nell'Abteilung I (un reparto con 5 carri in tutto, costituito con una forza di oltre 170 uomini il 29 settembre)
Solo nel febbraio 1918 i primi carri apparvero in un'esercitazione, senza suscitare tuttavia grande impressione.
Nel dopoguerra, alcuni A7V vennero ceduti ai polacchi, che grazie anche ad essi vinsero i sovietici nella Battaglia di Varsavia. Erano in servizio ancora nel 1921


 per la realizzazione ho utilizzato il modello della Emhar in scala 1/72 cat. 5003

 


Queste le decal inserite nel kit, a causa delle superfici irregolari dove dovevano essere applicate, per alcune di esse sono stato costretto a dipingerle a mano libera.










mercoledì 8 giugno 2016

FEMME FATALES, UN BEL PEZZO DI FERRO



Il Mark I fu il primo carro armato sviluppato dal Regno Unito. I primi esemplari entrarono in servizio sul Fronte Occidentale nel settembre 1916.
Evoluzione del Little Willie, sviluppato nel 1915, nasceva come strumento per riprendere l'offensiva in un contesto bellico nel quale l'avanzata delle truppe di fanteria era impossibilitata da trincee e nidi di mitragliatrice. Inizialmente l'impiego del Mark I non riportò successi significativi, perché furono utilizzati in piccole quantità e piagati da ogni sorta di problema meccanico. I tipi successivi, Mk II, III, IV e V, erano veicoli progressivamente migliori soprattutto nella meccanica e prodotti in quantità rilevanti, specie l'Mk IV e V.


Il modello di serie era quasi identico al prototipo del Mother, se si eccettua la costruzione non più in lamiere per caldaie ma in piastre da corazza (lamiere scudo) e un armamento potenziato. Furono infatti previste due varianti: maschio e femmina, prodotte in egual numero. Il maschio conservò i due cannoni Hotchkiss 57 mm e i tre mitragliatori Hotchkiss da .303, cui ne fu aggiunto un quarto impiegabile da una postazione frontale, mentre la femmina ebbe quattro mitragliatrici Vickers raffreddate ad acqua (due in ciascuna gondola) più due Hotchkiss e risultò più leggero di circa una tonnellata.


I cingoli erano costituiti da 90 maglie larghe 53 cm. Ognuna era dotata di due giunti rivettati e collegata alle adiacenti con un perno ovale assicurato da una coppiglia divaricabile. Nella parte superiore del carro il cingolo scorreva su due lunghe rotaie e dieci rulli di bronzo; inferiormente su ventisei paia di rulli (uno su tre flangiato). Ovviamente, la sospensione era rigida. Le ruote motrici erano situate posteriormente; quelle anteriori di rinvio erano provviste di tendicingolo.


Il motore era un sei cilindri raffreddato ad acqua, collegato mediante un albero alla scatola cambio; sopra di questo si trovava la manovella d'avviamento e, sotto, una cassetta per attrezzi. 
 Posteriormente, la dinamo per le luci. La scatola cambio aveva ai lati altre due scatole ingranaggi, collegate con un differenziale e manovrate ciascuna mediante leve da due uomini. Seguiva il radiatore tubolare con ventola che prendeva aria dall'esterno tramite una piccola griglia ricavata a sinistra della lamiera posteriore dello scafo. Lungo la parte posteriore di ognuna delle due fiancate passava la catena di trasmissione che collegava la ruota dentata di ogni cambio secondario all'ingranaggio della ruota motrice.


A disposizione del capocarro (ufficiale) e del pilota c'erano due portelli sollevabili; sempre dinanzi all'ufficiale c'erano un portacarte ed un sostegno per il mitragliatore. A fianco del pilota si trovavano le leve di comando. La sterzatura era un lavoro di gruppo, faticoso e complicato. Due addetti al cambio azionavano gli ingranaggi relativi a ciascun cingolo, che dovevano essere innestati ogni volta che era richiesto un cambiamento di direzione. Un servente doveva innestare la marcia (alta o bassa) mentre l'altro, sul lato dove si doveva sterzare, metteva in folle. Il pilota doveva quindi bloccare il differenziale ed accelerare, mentre il capocarro metteva i freni al cingolo in folle, ed il carro finalmente prendeva la direzione desiderata. Naturalmente tutto questo processo doveva essere invertito se si voleva sterzare nella direzione opposta.
Per comunicare con il resto dell'equipaggio, il pilota era costretto a battere colpi sul cofano e poi fare segnalazioni con le dita in base ad un codice concordato.


Per la realizzazione del modello ho scelto di utilizzare  il kit della Emhar in scala 1/72 nella versione Mk IV Female,  inserito nel suo contesto operativo ideale le trincee nemiche.